Dura la vita del tifoso di calcio. A Bari, poi, è ancora più difficile…

San Nicola si, San Nicola no. Ci trasformeremo in tanti pendolari? Analisi della situazione tra il serio e il facèto


Tifosi del BariLa vita del tifoso di calcio, al giorno d’oggi, sembra essere diventata sempre più difficile. Ci sono tanti perché. Non ci credete? Se per esempio riuscisse a liberarsi solo all’ultimo dai suoi impegni e decidesse di andare a vedere una partita, piazzata sempre più spesso nei giorni e negli orari più improbabili, non potrebbe farlo perché dovrebbe munirsi anticipatamente di biglietto e allo stadio non è possibile acquistarlo. Deciderebbe così di andare a vedere un film al cinema. Lì almeno il tagliando lo venderebbero di sicuro e sarebbe possibile arrivare anche a spettacolo iniziato.
Se invece il biglietto ce l’avesse, dovrebbe fare code interminabili perché qualcuno potrebbe aver deciso di attivare meno ingressi o perché ci potrebbero essere i soliti furbi di turno che, in barba a qualsiasi regola elementare di educazione o civiltà, riuscirebbero ad “accelerare” a proprio modo le procedure riuscendo ad accedere agli spalti prima di lui, anche se giunti successivamente. E senza biglietto!
Se il tifoso avesse la fortuna di entrare nell’impianto, dovrebbe bersi tutta l’acqua o la birra in suo possesso perché le bottigliette o le lattine piene sono vietate. A rischio di trascorrere le successive due ore non a tifare, ma ad emettere fastidiosi rumori digestivi. Per poi scoprire, quasi magicamente, che qualcun altro sistematicamente riesce a portare con sé petardi o veri e propri ordigni esplosivi eludendo qualsiasi certosino controllo.
Se lo stadio fosse molto affollato, farebbe bene a portarsi dietro la sedia da casa perché al suo posto assegnato, quasi sicuramente troverebbe un attaccabrighe (nella migliore delle ipotesi) che vorrebbe fare tutto tranne che alzarsi e scusarsi per il malinteso. Se chiedesse giustizia al povero steward di turno, rischierebbe di prendersi anche il resto.
Se si affezionasse troppo ad un calciatore, rimarrebbe puntualmente deluso. Le bandiere non esistono più e allora sarebbe forse meglio andare ad uno spettacolo di sbandieratori. Lì le troverebbe senza ombra di dubbio.
Prima di una gara, spesso consuma un pasto frugale, un po’ per motivi di tempo e un po’ per tenersi leggero. Alcuni, che invece dovrebbero seguire una vita da atleta prima di scendere in campo, a volte fanno tutto fuorché attenersi alle condotte raccomandate. Fumo, alcool, stravizi e i risultati sul terreno di gioco sono inguardabili.
Quando il povero tifoso si illude di assistere ad uno spettacolo genuino, rischia di sapere a distanza di tempo che tutto era già concordato. Che le vittorie e le sconfitte non sempre sono decise sul rettangolo verde e che a volte le scommesse sono più importanti della lealtà sportiva, delle capacità tecniche e dell’impegno.
Spesso il tifoso è senza lavoro e deve fare enormi sacrifici per seguire la propria passione, mentre fiumi di soldi girano talvolta nelle tasche dei suoi idoli, magari spesso poco più che ventenni e con la mente maggiormente rivolta al selfie quotidiano o all’ultimo taglio di capelli in voga più che a dare uno straccio di giustificazione al proprio stipendio “gettando il sangue” in allenamento e durante il match.
La maglietta, il logo, lo sponsor e talvolta perfino il nome della propria squadra, cambiano con una frequenza impressionante. A confronto, le quotazioni di borsa sembrano noiose e monotone all’inverosimile.
I social hanno determinato uno scenario globale nel quale le voci fanno il giro del mondo alla proverbiale velocità della luce. Anche quelle più stupide e senza fondamento. A rischio di creare confusione, scoramento e diffidenza verso tutto e tutti. Tanti giudici, tanti superesperti e onniscienti. Una sorta di “Harvard planetaria” composta da laureandi in saggezza e conoscenza.
Anche noi giornalisti probabilmente dovremmo essere un po’ più al servizio dei tifosi, ma nessuno è perfetto. Ce la mettiamo tutta, ognuno a modo suo, ognuno come gli riesce meglio, ma sempre in buona fede e nella massima onestà intellettuale. Dall’esterno è facile sparare a zero e cercare il marcio ovunque. Anche in questo caso, i Gianni Brera pullulano in rete come le api sul miele.
Se poi il tifoso fosse del Bari, allora non gli resterebbe che armarsi anche di tanta pazienza e sconfinata sopportazione. A gravare i sostenitori del galletto dell’ennesima preoccupazione, in questi giorni è la spinosa questione stadio. Dove si giocheranno le future partite casalinghe? Si rischia addirittura di dover fare decine, se non centinaia di chilometri, per poter soffrire o gioire dal vivo insieme alla propria squadra del cuore. Una situazione grottesca (quasi come la storia semiseria che abbiamo raccontato fino ad ora) e una sorta di partita a scacchi che al momento coinvolge tante figure, ognuna con le proprie giuste motivazioni e le proprie inevitabili colpe. Ognuna con i propri diritti da rivendicare e i propri doveri a cui adémpiere. Qualora dovesse verificarsi lo scenario peggiore, con i tifosi baresi trasformati in una sorta di pendolari della passione, tutti dovrebbero sentirsi colpevoli. Nessuno escluso.
Eccetto lui. Il tifoso biancorosso che, giusto per fare una citazione cinematografica, avrebbe tutte le ragioni per proferire al mondo intero la stessa ultima irripetibile e irriverente frase che l’emigrante Pasquale Ametrano (interpretato da uno strepitoso Carlo Verdone), di ritorno dalla Germania per votare in Italia, recita proprio nel finale del film cult “Bianco, Rosso e Verdone“. Anche il titolo sembrerebbe calzare a pennello…






About Tommaso Di Lernia 734 Articoli
E' il Direttore Responsabile della Testata. Giornalista Pubblicista dal 2002 e tifoso da sempre "unicamente" del Bari. Citazione preferita: "Chi non si aspetta l'inaspettato, non scoprirà la verità" [Eraclito].

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