Sergio Almiron a BNP: “Bari, resti ancora la mia seconda casa. Masiello? Non so chi sia. Europa, quanti rimpianti…”

La nostra intervista all'ex centrocampista dei galletti: "Il gol alla Juve un riscatto personale. Grosso? Persona squisita. E Ventura..."


Sergio Almiron
Sergio Almiron

Almiron con la maglia del BariE’ stato senza ombra di dubbio uno dei centrocampisti più forti del Bari in quasi 110 anni di storia. Il ricordo dell’ultimo biennio di A, soprattutto per quanto riguarda la prima stagione, è ancora vivo nei ricordi e soprattutto nei cuori dei tifosi biancorossi. E Sergio Bernardo Almiron, il loro affetto, non lo ha mai dimenticato. L’argentino – che coi galletti ha collezionato 52 presenze e 5 reti – è tornato a giocare a calcio in Serie D indossando la maglia dell’Acireale. Tanta è la voglia di rimettersi in discussione nonostante un glorioso passato. La nostra redazione ha avuto il piacere di poterlo intervistare 6 anni dopo il suo addio al capoluogo pugliese. Tanti i temi trattati.

Buonasera Sergio. Dopo l’Akragas la tua carriera calcistica riparte ancora una volta dalla Sicilia, ma da Acireale. Cosa ti ha spinto a fare questa scelta dopo l’iniziale ritiro?
“Questa scelta di tornare in campo è legata ad un progetto propostomi dalla società. Il presidente tiene a me, il futuro mi vedrebbe all’interno dell’Acireale con un ruolo da dirigente. Per quanto riguarda gli obiettivi, l’idea è quella di arrivare in C, ma la rosa di quest’anno è nuova e serve tempo. C’è molto da fare, ma con questa voglia di lavorare nulla è precluso”.

Cosa ha rappresentato, per te, il Bari?

“Bari per me è stata una seconda casa. Già dal primo giorno ho percepito il calore della gente e dei dirigenti. In Puglia mi sono trovato sempre molto bene, peccato per quanto accaduto poi e dopo una prima stagione di grande calcio. L’annata successiva è stata abbastanza brutta, si sono fatte sentire le assenze di gente come Bonucci e Ranocchia. Ma ciò non toglie la voglia di voler tornare sempre e comunque a Bari. In riva all’Adriatico mi sono sempre sentito bene”.

Tutti ricordano ancora i gol messi a segno contro Lazio e Juventus: in entrambi i casi furono raccolte vittorie storiche.
“Come non ricordarli! Il gol contro la Juventus è stato il più importante, fu messo a segno dopo il ‘no’ incassato dai bianconeri che, in estate, preferirono non riconfermarmi. Fu un colpo abbastanza duro. Ma da questo rifiuto sono riuscito a ritrovare serenità ed affetto da parte dei tifosi baresi. Per quanto riguarda quello segnato contro la Lazio, invece, posso dire che permise di ottenere all’Olimpico una vittoria importante. In trasferta, poi, se non si raccoglievano i tre punti si sfoderavano comunque prestazioni di un certo tipo. E poi, quanti tifosi sugli spalti! Soprattutto quando affrontammo la Roma ci sembrava di giocare in casa”.

Resta però il rammarico per la mancata qualificazione in Europa League. Ad un certo punto sembrava più di un semplice sogno…
“I rimpianti ci sono stati, inutile negarlo. Per una squadra ‘piccola’ come la nostra avrebbe rappresentato un obiettivo importante. Probabilmente è venuta meno l’esperienza, ma è stato bello provarci quasi fino alla fine”.

Destini diversi si sono incrociati in quella squadra. Bonucci ha spiccato il volo verso i grandi club italiani, altri come Barreto raggiunsero il punto più alto della loro carriera ed in seguito non si sono più ripetuti…

“Bonucci sin da subito ha dimostrato di essere un giocatore vero, la carriera che sta facendo era nelle sue potenzialità. Barreto, invece, ha patito infortuni continui. A livello psicologico talvolta è difficile venirne fuori. Il calcio è anche questo, sa dare gioie e dolori. In riva all’Adriatico, comunque, ho legato con tanti giocatori. Non ce n’è uno preferito”.

E di Ventura cosa ne pensi? Avresti mai pensato di vederlo sulla panchina dell’Italia?

“Sinceramente no, non in Nazionale. Io conosco Ventura dal 2002, sin dai tempi in cui allenava l’Udinese. Di lui posso dire che tatticamente è una persona molto preparata, ha meritato questo salto di carriera. Le difficoltà attuali? Ci stanno. Conoscendolo posso dire che ha bisogno di tanto tempo per poter far fruttare le sue idee. Ed in nazionale, si sa, di tempo a disposizione non ne resta poi così tanto. Detto ciò, la qualificazione mondiale è assolutamente possibile, può raggiungerla. Gli faccio un grosso in bocca al lupo”.

Quanta rabbia ti provoca il fatto di vedere Masiello ancora in campo dopo tutto quello che è successo?
“Chi? Non lo conosco, non so chi sia. C’è poco da dire, il campo ha dimostrato che persona è. Sicuramente non avrà passato giorni belli, per il resto non ho altro da aggiungere”.

Hai avuto poi modo di seguire le vicende dei galletti anche dopo il tuo addio? E del Bari attuale cosa ne pensi? Lo allena Fabio Grosso…
“Ultimamente non ho seguito il Bari al 100%, lo ammetto. Sicuramente come piazza i galletti meritano la A, non ci sono dubbi. Spero che sul campo si possa trovare una certa continuità, la B non è facile. Grosso, poi, lo conosco personalmente. Gli auguro il meglio, è una persona squisita. Ho fatto metà ritiro con lui ai tempi della Juventus. Ha tutto per poter rendere al meglio, è un tecnico preparato”.

Gli Almiron, peraltro, di campioni del mondo se ne intendono. Suo padre – Sergio Omar Almiron – vinse nel 1986 il mondiale in Messico. Fu il compagno di squadra di un certo Diego Armando Maradona. Corsi e ricorsi storici…






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Collaboratore ed aspirante Pubblicista. Si occupa di qualsiasi argomento attinente al calcio di Bari e Provincia

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