De Santis, console onorario d’Israele, a BNP: «Lo sport può veicolare importanti messaggi sensibilizzanti. Su Arpad Weisz…» (VIDEO)

Il console ha regalato ai biancorossi una copia del "Diario di Anna Frank"


Il console onorario di Israele, Luigi De Santis
Il console onorario di Israele, Luigi De Santis

BARI – Dopo gli incresciosi episodi inneggianti all’antisemitismo verificatisi la scorsa settimana allo stadio Olimpico di Roma, in tutti gli stadi italiani sono stati letti dei passi del diario di Anna Frank. Prima del match disputatosi ieri pomeriggio al “San Nicola” i calciatori di Bari ed Ascoli sono stati omaggiati dal console onorario di Israele, Luigi De Santis, di una copia del libro scritto dalla ragazza olandese. Le due compagini inoltre hanno fatto il loro ingresso in campo con una maglia raffigurante la stessa Anna Frank.

Intervistato al termine del match che ha visto il Bari battere i bianconeri, il console ha espresso il suo parere sulla partita. «Ho visto un Bari pimpante soprattutto nella ripresa – ha esordito De Santis ai nostri microfoni – la svolta è arrivata nel secondo tempo. Indipendentemente dalla superiorità numerica i biancorossi erano ben disposti in campo ehanno realizzato dei bei goal. Questa squadra fa ben sperare, ora ci si aspettano prestazioni convincenti lontano dal “San Nicola».

Chiamato ovviamente a dire la sua su come arginare i fenomeni di razzismo e antisemitismo il console ha detto: «Il dono del libro è stato un gesto simbolico a cui devono seguire atti concreti al di fuori del rettangolo verde di gioco. Abbiamo voluto cominciare proprio dallo stadio perchè luogo in cui è stata offesa la figura di Anna Frank. Ci piace avvicinare le nuove generazioni alla cultura del sapere proprio per evitare che certe atrocità possano ripetersi».

Nel 1932 a salvare il Bari, al suo esordio in serie A, fu Árpád Weisz, tecnico magiaro di fede ebraica poi trucidato nei campi di sterminio. Analizzando questo connubio tra fede ebraica e mondo del calcio queste le impressioni di De Santis: «Diciamo che il Bari è patrimonio di tutti indipendentemente dal credo religioso. Fa piacere sapere che la storia di un cittadino magiaro devoto all’ebraismo si sia intrecciata con quella del Bari. Ad ogni modo tendiamo a scindere il calcio dalla religione, ma sicuramente lo sport può essere utile per veicolare messaggi volti a combattere ogni tipo di discriminazione soprattutto quella religiosa».






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